BIOGRAFIA
Roberto Bongi nato a Pistoia il 6 maggio del 1943
L'artista si racconta
Fare pittura è sempre stato per me un impegno totale, da seguire con il massimo rispetto verso coloro che ne avrebbero poi visti i risultati.
Nelle prime costruzioni pittoriche ero talmente critico con il mio lavoro che le stesse risultavano prive di quella spigliatezza giovanile prerogativa propria di simili esperienze. Poi credo che tutte le esperienze siano servite alla successiva formazione di me stesso e alla relativa crescita artistica.
Mi sono iscritto ai due anni di nudo all'Accademia di Firenze.
Il disegno dal vero, e in modo particolare la figura umana, educa precipuamente l'artista a guidare la propria mano con la testa e lo allontana dal proprio consueto fraseggio pittorico. Il desiderio e la volontà di apprendere l'uso e la conoscenza di strumenti e linguaggi a me sconosciuti, capaci di arricchire il mio percorso, mi ha spinto a fare qualunque tipo di nuove e particolari esperienze, che si sono poi rivelate essenziali per la mia formazione artistica. La prima, importante esperienza, è stata quella di osservare i doratori che restauravano le grandi cornici, dei grandi oli, nella chiesa del Duomo di Pistoia; questa tecnica mi colpì così tanto che, sapendo che a San Donnino, sulla pratese, vi era una piccola fabbrica che faceva appunto la doratura a mano dei candelabri e di altri oggetti riuscii ad andare , grazie al Sig. Lenzi, per diverso tempo a lavorare realmente come doratore a costo zero. Ciò che mi prendeva di più non era tanto il mettere l'orone, che era cosa artigianale, ma l'essere capace di dare all'oro il colore che era più adatto alla pittura. La superficie dorata, poi trattata a seconda del mio volere, diventava una esperienza unica che mi portava a immaginare cose sempre diverse, era insomma come costruire realmente un quadro.
La seconda grande esperienza è stata l'avere comprato un libro che riportava le opere pittoriche dei primi grandi maestri cinesi del VI secolo. Quei paesaggi immersi nella nebbia, e curati nei minimi dettagli, davano la capacità di comprendere lo stato d'animo che aveva guidato l'artista fino a rendere tali belle immagini. Ho sempre creduto che il lavoro di ogni grande pittore avesse dietro una sua specifica ragione, e la trovai descritta nella penultima pagina del libro che dava la spiegazione sulla filosofia fondamentale relativa alla ricerca della dimensione e veniva così assunta in poche parole: la dimensione che è oltre il vuoto, l'afflato universale o meglio ancora l'afflato ritmico "è il punto sul quadro dove il visitatore attento riesce a trovare il benessere assoluto". Questa ultima lezione pittorica fu così profonda che credo mi abbia veramente cambiato e abbia lasciato in me, Roberto Bongi, una capacità e una logica che si attivano concretamente al momento della costruzione di un quadro che pertanto tiene conto di tutte quelle che sono state le esperienze dirette che si sono successivamente aggiunte alla sua cultura europea di base. Questo scritto è per me una traccia che ha lo scopo di avvicinare i visitatori ai miei quadri, restando liberi di giudicare , ma non distratti per non vedere .